mandalini
stories of trips around china
rabbit barricades (prendete e godetene tutti)
Categories: cinesita', scorci, sounds

in questo post c’è la narrazione del mio primo capodanno cinese in cina. un’esperienza anarco indimenticabile. un rituale collettivo di proporzioni che non avevo mai esperito fino ad ora, cosi bello che merita un lungo e degno racconto.

per i piu’ temerari e curiosi, c’è la colonna sonora, che secondo me va accompagna bene la lettura: quarantacinque minuti di botti camminando per le strade di shanghai (45 Mb).
altrimenti ascoltatevelo mentre meditate :)

Atto prima: la vigilia si scacciano i demoni.

la storia inizia la sera tra il 2 e il 3 febbraio, notte in cui quest’anno il calendario lunare fa cadere il nuovo anno. si da il benvenuto al coniglio.

ci siamo vestiti di rosso, e siamo andati sul lungo fiume shanghaiese in cerca di spettacolari fuochi d’artificio e gente a fare cose pazze per strada. da un paio di giorni in città si respira polvere da sparo nell’aria, in alcuni orari si sentono boati vicini e lontani, dietro i grattacieli compaiono sprazzi di luce colorata ed è facile che i pezzi di carta rossa ti tornino in testa. non c’è una regola, un modo, c’è la città che piano piano, finestra dopo finestra, impazza al capodanno. la sera della vigilia il bund è ricolmo di cinesi e cineserie, di venditori di conigli rossi e luminosi, ma è anche pieno di polizia, di sicurezza sociale, non siamo in mezzo ai fuochi ma siamo circondati da giochi pirotecnici che vengono su da ogni scorcio dove un palazzo ne incontra un altro. a dire la verità avevamo immaginato qualche spettacolo organizzato, che ne so un modo del governo per mostrare la propria forza e bellezza (!) lasciando tutti a bocca aperta. ma abbiamo scoperto (felicemente) che è tutto un’onda autorganizzata, è la famiglia che si compra scariche di petardi, striscioni di fuochi colorati, è il tassista di shanghai che rinuncia a lavorare  quella notte, il contadino tornato a casa, i bimbi fuori da scuola, le vecchine che la mattina ti hanno venduto le frittelle, quelli con i cappelli alla mao e quelli in pigiama, quelli che sanno leggere e quelli che no. senza voler essere troppo melodrammatica, mi è venuto in mente il cielo è sempre piu’ blu di rino gaetano :) pero’ secondo me è proprio un po’ una roba stile sogni di gloria…
ognuno fa quel che vuole e infatti appena ci spostiamo dal bund per tornare verso il centro è la sfilata del capannello per strada e la camminata sul tappeto di ceneri rosse.

ma questa, tutto sommato, non è ancora la parte interessante.

Atto secondo: la fortuna ti entra in casa.

passano quattro giorni, i primi quattro giorni del calendario lunare, è chiaro la festa rientra un po’, i botti si sentono piu’ o meno a tutte le ore del giorno random ma sembrano lontani, c’è chi si sveglia e fa i botti, c’è chi fa i botti mentre cucina i tagliolini, ma capodanno mica è finito.

ho finalmente scoperto un pezzo piu’ profondo del rito: il segreto sta nel calendario lunare, mica nel dragone che corre per strada, o dei leoni che sputano soldi nelle porte delle case e delle vetrine. quello ancora, è solo folclore. il capodanno cinese ha tre fasi, la notte della vigilia, in cui si scacciano i demoni dalle case, si spazza per terra nei cortili, si fa girare la polvere (ma non troppo senno se ne vanno anche gli spiriti buoni), si interrano i narcisi nei vasi e si mangiano spaghetti a nastro che rappresentano longevità. un po’ come noi che buttiamo le vecchie lavatrici dalle finestre.
poi c’è il quarto giorno dell’anno lunare, in cui si da il benvenuto agli spiriti della fortuna. poi c’è il decimo (forse) giorno, in cui si condivide la fortuna con gli altri e si celebra la festa delle lanterne.

ecco la seconda fase del welcome alla fortuna l’abbiamo affrontata (e siamo sopravvissuti!), e da qui, la storia delle barricate.

Questo, è il Vero capodanno cinese di cui abbiamo fatto esperienza. i miei amici su facebook parlavano di fiamme e fumo, e io sono andata a vedere (perchè sentire, ovviamente si sentiva, dalle nove di sera, non i tombi, non i botti, ma un lungo sibilo continuo di fischi e mitragliate provenienti non piu’ dagli angoli dei palazzi alti, ma da ogni intorno della strada, da ogni fessura tra le case).

quando descrivevo la prima fase della vigilia, ho usato parole quasi melodrammatiche, di una quindicenne, lo gridavo in chat ad un amico che mica me lo ero immaginato un boato così continuo, che vedevo attorno a me gioia collettiva, che ho dovuto addirittura pensare alla vittoria dei mondiali per avere una base di partenza per descrivere l’euforia che vedevo attorno a me. ero talmente euforica dentro che ho bisogno di citar(mi):  “piu caos, piu gente, piu rumore, piu minchiate, piu rosso, piu forme, piu colori, piu festa, sembrerebbe guerriglia, una guerra di pace e di gente presa bene, che fa l’amore con la città”. ero talmente euforica che ho anche usato e reso pubblico uno dei miei migliori scatti di cina, da tanto ero presa bene.

ma ancora, non sapevo niente, o meglio, non avevo capito un cazzo.

sta di fatto che il quarto giorno dell’anno lunare eravamo alla mia tavola imbandita di sei portate a mangiare nostalgici, e il boato fuori ha agganciato ogni stomaco riportandolo al suo luogo animale, la strada.
abbiamo temporeggiato, abbiamo assaggiato le buone cose fino all’ultimo boccone, procrastinando nel vino, procrastinando raccogliendo piatti e posate, procrastinando fumando cicchini, e fuori un tuono senza fine, la strada che chiama.

ecco la strada. ho acceso il registratore al primo angolo e l’ho tenuto acceso per quarantacinque minuti, in cui il boato non è mai smesso. siamo passati da fuochi artificiali di quelli alti nel cielo a raffica per minuti e minuti uno dietro l’altro, uno contro l’altro, tutte cose già viste nelle nostre sagre estive, o già fatte anche (chi c’era di sicuro l’ultima notte di pergola non se la dimentica), con la differenza che qui non si potevano contare. trecentossessantagradi di colori cadenti e di lucciole volanti, camminando per strada sembrava ti seguissero. e poi siamo passati per capannelli di famiglie riunite davanti al portone dei vicoli, ciascuno con il suo carico dinamitardo fuori da ogni limite (beh, qui di limiti non ce ne sono, a parte che non si possono portare esplosivi in metropolitana, cosa che ha abbastanza senso..)

tirano tantissimo dei lunghi serpentoni rossi ripieni di bombette, ai quali si da fuoco e cominciano con mitragliate che durano dai trenta secondi ai dieci minuti a seconda della lunghezza. spesso il serpentone attraversava la strada creando all’orizzonte degli incroci falo’ di piccole e medie dimensioni a scoppio continuo.

ho visto ragazzini saltare sui coni incendiati e vecchi in ciabatte accendere i fuochi con le sigarette. pericoloso e indimenticabile il gioco con le dinamiti, sacchetti pieni di candelotti rumorosi da lanciare, che esplodono prima rimbalzando, e poi sprigionando fasci di luce. ovviamente i cinesi incuranti li lanciano in mezzo alla strada, sotto le macchine, all’inseguimento delle sciagurate biciclette che non si capisce come possano persistere nell’andare in giro. la gran parte di questi rimbalzano esplodendo contro i rami, e si catapultano per terra in direzioni impreviste, il che genera sulla tua testa una pioggia di cenere e pezzi di plastica incandescenti come in una danza rituale. i taxi indomati fanno il salto agli ostacoli…

non è che scegli di trovarti in mezzo, passi di li, e le famiglie ti accerchiano. ne esce una dal portone a sinistra, una dal portone a destra, ed è fatta. sei fottuto, per venti minuti non ti muovi, puoi solo ridere o piangere o strillare o distrarti col grande fuoco d’artificio che nel frattempo ti esplode davanti dietro il ventesimo piano del palazzo di fronte, cosi alto che lo vedi ovunque ti trovi. abbiamo innumerevoli volte provato a inseguire le scie luminose e tutte le volte ci siamo ritrovati incastrati in altri giochi e altri bombardamenti e altre scie che andavano in opposte direzioni. ecco si l’importante è stato uscirne vivi :)

cosa ho provato? un sacco di adrenalina, dentro nel cuore delle mitragliate, con la voglia di spingersi sempre piu’ vicino ai fuochi e ai cinesi, con il filo del pericolo a collegare il battito e lo stomaco. ho pensato alle barricate, quelle vere, mentre ne avevo davanti a me centinaia, tutte di festa. ho provato malinconia, e serenità, perchè mi trovavo al centro di un rituale collettivo il cui unico intento è godere del presente per ispirare il domani. ho provato gioia, perchè ogni rituale la trasmette, sia che si tratti di un rituale che ti lega ad una comunità, ad un significato, ad un desiderio, ad una credenza. ho provato soddisfazione nel vedere un popolo intero ribaltare la propria città solo per fare festa, per starsi piu’ vicini, e ho sentito forte che questa cosa succede ovunque, in tutta la cina, in tutte le metropoli e in tutte le campagne. te la puoi perdere solo se non scendi per strada, te la puoi perdere solo sei fai finta, e quindi è gioia gratis, per tutti, che si replica ed espande nel momento in cui esiste, e ci credi. l’altranno ho festeggiato l’anno nuovo nella mia via di milano, con un piccolo falo’ solitario bruciando della carta e dei colori e dell’olio di mandorla, costruendo un rituale personale. a volte i miei orizzonti di fantasia sono cosi limitati. i cinesi addirittura evitano i fuochi “tradizionali” durante il capodanno, si cucina tutto il giorno prima (perchè la gran parte delle cose si fanno a fuoco, senza gas), il primo giorno dell’anno la cucina è proibita. e cosi’ questa volta ho imparato tanto, e talvolta la nostra aspettativa finisce là dove iniziano le paure. ma in questa notte niente ha piu’ valore del rito e dell’aprire ogni porta e ogni interstizio della casa e del corpo alla fortuna che entra e che accarezza, penetra, si insinua, rimane, se le lasci spazio. cosi’ ho innalzato al cielo infuocato i canti rauchi che conosco, i mantra di cui spesso dimentico la fine, senza nessuna pretesa sistematica, solo lasciando che la voce si tirasse fino al rumore e in esso andasse persa, senza enumerare nomi, luoghi, destinazioni, desideri. camminando e basta come se le fiamme non finissero mai (cosa a cui fortunatamente è possibile credere, almeno fino a che non ti risvegli la mattina dopo).

Atto terzo: la notte, e quello che ne resta

ad un certo punto un po’ stanchi abbiamo camminato seguendo i percorsi dei ponti che attraversano le grandi strade di shanghai, quelli sulla Yan’an, quelli con la luce blu che corre per chilometri come una striscia di mare. in cina i 天桥 ponti del cielo sono gli attraversamenti pedonali delle vie a quattro, sei, otto corsie, che tagliano la città. a shanghai non ce ne sono molti, perchè le grosse vie sono poche, ma sono tutti molto belli e regalano scorci impagabili. poi ci siamo separati ognuno seguendo la direzione di un rumore, io sono tornata a prendere la mia bicicletta e a girare ancora un po’ per le strade dove le persone si sono rimesse a passeggiare, fumare cicchini, giocare a carte, dove sono ricominciate le code al baracchino degli spiedini e davanti ai pentoloni degli spaghetti arabi tirati a mano. si, anche la fortuna ha bisogno di rifocillarsi per espandersi cosi tanto.

appena il suono è tornato normale e le luci hanno cominciato a diradarsi in lontananza sono comparsi i carretti. quelli dei cinesi incazzati in giro a vendere peluche a dimensione umana di tutti gli animali dell’arca, stanchi del loro lavoro di merda e di dover contrattare prezzi improbabili con occidentali ubriachi, quelli che non vogliono che usi la macchina fotografica, quelli che provano a spaccartela sul marciapiedi. e i carretti dei vecchietti che raccolgono la spazzatura, che prendono le carcasse delle mitraglie e le dividono dal cartone e dalla stagnola, che mettono il cartone sul ripiano del carretto e la stagnola se la piegano in tasca.

quelli a cui non pesa avere un lavoro di merda ma si fermano volentieri a masticare con te qualche parola in mandarino, e condividere gli auguri del nuovo anno, a cui offri con piacere una sigaretta di tabacco e ricambiano con una hongtaishan. raccolgono solo le scatole, il tappeto di cenere rossa lo lasciano li cosi la fortuna stanotte dorme sul morbido, dentro e fuori le case. cosi ho potuto fotografare le carcasse e pedalare sopra e dentro il tappeto rosso, diperdendo in ogni frammento di carta bruciata tutte le paure dell’anno nuovo che non torneranno a casa con me stanotte.

morale della storia. tips per un piu’ profondo rituale.

bruciare incenso a nastro

pulire la casa in tempo (cosi mandi fuori la vecchia cattiva sorte e fai posto alla nuova buona)

tieni la spazzatura fuori di casa fino alla fine del capodanno, e durante il capodanno non pulire senno gli spiriti buoni se ne vanno con la polvere

non lavarti i capelli il primo giorno dell’anno, men che meno tagliateli. in cinese il carattere di capelli è omofono di prosperità. potete immaginare l’effetto disastroso del taglio.

decorazioni: rosse, e in numero pari, meglio.

non piangere il primo giorno dell’anno fino a che la fortuna non è dentro. genera discordia.

il significato dei fiori (tutti fiori che sbocciano ora, ogni bocciolo indica una parte di fortuna):
lotus: rinascita, mandarini: happiness, narcisi (bulbi in genere): fortuna, kumquat: prosperità, crisantemo: longevità, celosia: buoni auspici della fenice, orchidea: salute, zamioculcas: ricchezza, girasole: vale e dura per tutto l’anno, bamboo: perchè ci sta sempre e non si sa mai

abbondare di caramelle (che non è cosi idiota se pensiamo che noi lasciamo il latte a babbo natale..): semi di loto, longan, noccioline, cocco, semi di melone, melone caramellato

non dimenticarsi un sacrificio al dio del focolare, con del cibo, di solito frutta. comportarsi bene serve cosi lui quando torna ai cieli fa un bel report di te.

celebra il cibo: ho capito perchè i mercati sono stracolmi di ciliegie (stanno per buona fortuna) e di riso per strada (armonia). in piu’: dumpling (ravioli), torte di riso dolce colloso, spaghetti in salsa di noccioline, panetti al fagiolo rosso, gamberetti in salsa di aragosta

vestiti adeguatamente, di seta, di rosso. e mica per l’eleganza. per la goia, la buona fortuna, e la salute (se lo faccio io lo possono fare tutti).

se volete saperne di piu’ sul calendario cinese, roba arzigoglata ma non senza fascino [ 1 | 2 ]; e per i bimbi, o chi ama il diy, come autocostruirvi le decorazioni (sperimentato!)

l’epilogo che non c’è

come potete immaginare non c’è un epilogo, perchè quello arriverà semmai alla fine della festa, con il festival delle lanterne, quando ce ne andremo tutti in giro per le strade con le lanterne con disgnati sopra gli insetti. cucinero’ torte di riso e i portoni saranno pieni di candele per guidare gli spiriti a casa.

happy rabbit!

4 Comments to “rabbit barricades (prendete e godetene tutti)”

  1. mandalini says:

    come minimo ce lo mandi! (la usiamo come colonna sonora ai prossimi botti)
    ti portero’ un mandarino fluorescente da appendere alla consolle
    :*

  2. cauz says:

    sappi che la registrazione dei 45 minuti di botti entrera’ presto dritta dritta in un progetto di ambient industrial.
    sappilo e taci (al massimo ti mando il mix)… :)

  3. mandalini says:

    il nome della lista è un segreto ma io ti ci ho appena iscritto!

  4. gire says:

    anche io voglio il dio del focolare che manda i report. ma su che lista? divini@trascendenza.sky ?