beijing huānyíng nimen, pechino vi da il benvenuto.
c’è una bella canzone cinese che canta questo ritornello, una canzone
super tipica di cui in effetti dovrei procurami l’mp3 cosi che possiate
goderne anche voi. la sensazione di accoglienza si ripete negli anni e
nelle volte che a pechino ci si arriva, indipendentemente dal mezzo di
trasporto e da qual’è il primo scorcio che ti appare davanti. questa
volta ho fatto un bel viaggio in treno, finalmente, di quelli nelle
cuccette dure a dormire in mezzo a cinesi, avvolta nel piumino e
nell’odore dei ramen al pollo, cena universale dei momenti di viaggio.
mi ero portata le mie noccioline e le mie sigarette, ingredienti
indispensabili per attaccare bottone coi signori più curiosi che non
disdegnano mai una conversazione arraffazzonata con una signorina in
viaggio. in effetti ogni volta che dormo sul treno dormo bene (saranno
i sogni della destinazione?) e questa volta ho proprio desiderato di
arrivare a pechino. il mio primo scorcio è stato il piazzale stracolmo
delle nove del mattino, una coda di centinaia di persone alla
biglietteria della metro; facilmente aggirabile, se si ha la scaltrezza
di fare il ponte ed entrare dall’entrata sud… scaltrezza acquisibile
solo dopo innumerevoli code passate a chiedersi "ci sarà un altro
modo?"
un freddo cane i primi due giorni, e un freddo medio ma graziato da un
cielo nord europeo i successivi, cosa che rende la città, se possibile,
più magica di quello che è. ho fatto colazione con una frittella fritta
e subito in corsa verso la città e l’amica che mi aspettava, gli occhi
super puntati su tutti i cambiamenti, i palazzi che non ricordavo, i
palazzi che non ricordavo perchè non esistevano, il conto delle gru e
la ricerca dei segni del passaggio olimpico.
la città è tappezzata di benvenuti, questa frase scritta in tutte le
lingue possibili la gran parte delle quali che non riconosco, un saluto
agli amici del mondo che è stato espresso nella superlativa cerimonia
di apertura con tutta la magnificenza imperiale di cui (forse? fortunatamente?) solo la cina è capace. un po’ mi ha stupito, l’uso di questa parola 朋友们 amici, una parola che non siamo stati educati ad usare in occidente con significati formali, in contesti pubblici, in situazioni che non richiamano un esplicito rimando all’intimo. il viaggio fisico di migliaia di persone verso pechino, il viaggio mentale di chi avrebbe voluto ma non c’era, il viaggio digitale delle telecamere.. tutto questo ha toccato davvero forse le corde dell’intimo, un intimo cinese che si misura con l’accoglienza della famiglia, con l’ospitalità al fresco del salice in giardino, con la condivisione di u momento ilare e incantato come può essere l’esplosione continua di milioni di petardi.
ad ogni modo ho ripensato a questa parola e a questo senso di accoglienza nel rimuovere i primi passi sulle strade chilometriche, sorridendo al suono roco dell’accento pechinese (non è che lo capisco di più, ma sicuramente capisco meglio quali sono le cose che non capisco :) ), e sorridendo a me stessa che mi ritrovo minuscola a camminare nell’impero con in fondo ai pensieri l’idea che il sentirsi minuscoli è l’unica sensazione possibile. le olimpiadi sono rimaste a pechino nei grandi cartelloni, nelle pubblicità spettacolari con gigantografie di immagini sportive stupende, nei cantieri imcompiuti che hanno la dimensione di piccole città europee. non è più, se mai lo è stato, un pensiero interessante. se ne sono andate dietro la calata del sipario e lasciano le cose stupefacenti della cina ad accogliere lo sguardo, cose che non sono straordinarie bensi stanno radicate e presenti nella semplicità del quotidiano, belle per questo.
per questo ho scattato questa foto, mentre pensavo che solo i cinesi si sarebbero potuti immaginare un mappamondo fiorito, petali rossi a disegnare i tratti di una vastità che nessuno, neanche loro, possono contenere e "dominare", ma che sicuramente, cosi’ accogliendoci, sanno descrivere con una certa eleganza.